Brillante, disinvolto, alternativo, controcorrente. Angelo Peruzzi è questo e molto altro. Schietto, senza peli sulla lingua, come quando dichiara il proprio disappunto verso i giornalisti, colpevoli di averlo preso in giro per la questione del doping.
Mi avete preso per il culo per un anno intero, quello del doping, e per questo per 4 o 5 anni vi ripago con la stessa moneta. Sarà la mia vendetta. Lo disse con forza ai cronisti che lo cercavano come nulla fosse. Era il febbraio del 2000 e il peggio per lui sembrava passato. Non avesse avuto carattere e una spiccata personalità, probabilmente non avrebbe mai compiuto il salto carpiato dalla Juventus all’Inter. Da una squadra vincente ad una che voleva vincere. Un trasferimento impensabile dopo quel famoso Juventus-Inter in cui Iuliano affossò Ronaldo senza essere punito con il calcio di rigore. Quando viene ceduto, a Torino pensano di essersi liberati di un peso. Il matrimonio con la Vecchia Signora era finito dopo otto anni di successi, pungolato a dovere non può esimersi di tessere solo lodi per la Vecchia Signora. Guai a criticare la Triade bianconera, impossibile per chi, in compagnia di Giraudo, Moggi e Bettega, ha conquistato tre scudetti, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa Europea, una Coppa Italia, due Supercoppe italiane. Quei dirigenti restano super a prescindere. La fedeltà vuol dire condividere tutto, il trasparente e il lato oscuro delle cose.
Dalla Mole ai Navigli. Con una bacheca da fare invidia ai più grandi del calcio mondiale, Peruzzi punta ad un contratto migliorativo. Ma Moggi si impunta e prepara il terreno per la sua cessione.
Ho cominciato a capire che avrei potuto lasciare la Juventus intorno a marzo. Passavo in sede per discutere il rinnovo del contratto e non riuscivamo mai a trovare un punto di intesa. Così ho fatto i miei passi e la Juve i suoi. Lippi l’ho sentito solo quando la società mi ha informato dell’interessamento dell’Inter. Mi ha chiamato e mi ha chiesto le cose che di solito si chiedono in momenti del genere.
La trama tessuta da Moggi sembra saltare sul più bello. A salvare capra e cavoli ci pensa Umberto Agnelli con una telefonata che Massimo Moratti definisce di “grande correttezza e cortesia”. Agnelli riduce il costo del cartellino del portiere da 34 a 28 miliardi. Tanto costa il desiderio di Lippi. Peruzzi non tradisce le attese, l’età -30 anni – non è un limite. È uno dei portieri più forti al mondo come dimostra nella partita contro il Torino. Sarà forse per l’aria familiare del caro e vecchio Delle Alpi che il Tyson di Brera si esalta e diventa insuperabile. Quando l’arbitro Farina assegna un calcio di rigore al Torino, sono in tanti a vedere il pallone in rete prima ancora del fischio dell’arbitro. Peruzzi è impassibile ed ipnotizza Marco Ferrante. Un intervento che permette all’Inter di vincere 1-0, gol di Bobo Vieri. Sembra il principio di una stagione trionfale, si tratta invece di uno specchietto per allodole. L’Inter non riesce – complice qualche infortunio di troppo – a mantenere un andamento costante. Con Ronaldo e Vieri fermi ai box, l’attacco nerazzurro si inceppa, Lippi perde il self control degli anni in bianconero e solo una doppietta del nemico Roberto Baggio – nello spareggio verità contro il Parma – consente all’Inter di conquistare la qualificazione in Champions League.
Casa dolce casa. L’ennesimo fiasco totale di Moratti – con le sole attenuanti legate agli infortuni di Ronaldo e Vieri – il record per passivo di mercato con ben 178 miliardi spesi, la mancanza di effettiva competitività per la corsa allo scudetto, spingono la dirigenza a compiere scelte dolorose. Una di queste conduce all’addio a Peruzzi, un leader autentico, un esempio per disponibilità verso i compagni. A Milano si è ambientato , ma Roma è pur sempre casa sua e al cuor non si comanda. Sponda laziale, ancora sette campionati e tanta gloria. Nel calcio, come nella vita, è l’intensità a fare la differenza. E quell’unica stagione in nerazzurro non è servita a fare numero. Piuttosto a rimanere nel cuore di un Angelo passionale come pochi.