C’è una strana espressione nei tuoi occhi, vogliono dirmi che non mi ami più. Parole e musica dei Rokes, gruppo di musica beat inglese, che potrebbero sintetizzare l’attuale momento emotivo tra l’Inter e Simone Inzaghi. Condizionale d’obbligo, naturalmente. Non abbiamo né la certezza, né tantomeno l’arroganza di poter pensare, dire o scrivere che la storia d’amore tra le parti sia giunta al capolinea. Nel calcio più che le rose rosse, i bigliettini nei cioccolatini e le coccole in spiaggia o sul divano, contano i risultati e quelli, purtroppo per i colori nerazzurri, attualmente latitano.
Barça o barca? Giochino di parole molto semplice, in palio la Champions League, la possibilità di guadagnare metri verso la qualificazione agli ottavi di finale e l’occasione per scrollarsi di dosso ansie e paure. In buona sostanza la barca nerazzurra per non affondare deve affondare il Barça. Inzaghi sente la squadra dalla sua, Dimarco dichiara che la squadra è dalla parte del tecnico eppure in campo le parti sembrano distanti tra loro.
Gioco si, gioco no. Buona gara contro la Roma nonostante la sconfitta? Vero, ma niente alibi. L’Inter ha raccolto sei punti – contro Lecce e Torino – con un pizzico di fortuna. Se è vero che la fortuna aiuta gli audaci quando si vince, è ugualmente vero che quando si perde bisogna guardare i motivi che hanno condotto alla sconfitta. Poco importa se la prestazione è stata positiva. Il tifoso nerazzurro vuole vincere e quanto al bel gioco, al possesso palla sterile – guardare i guantoni puliti di Rui Patricio – la pensa come l’affascinante Clark Gable. Francamente se ne infischia e fa anche bene.
Il piano B. Qual è quello messo a punto da Inzaghi? In questo momento non si percepisce. Latita, un pò come la concretezza offensiva dell’Inter. Il 3-5-2 sempre e comunque? Senza Lukaku, con Dzeko ormai più trequartista che centravanti e con la copia sbiadita del Tucu Correa biancoceleste, questo schieramento tattico somiglia ad un’inevitabile follia di Rafriefoliana memoria. Inevitabile perché è come se Inzaghi ne fosse dipendente come un adepto fedele, eppure in rosa ci sono elementi per pensare anche ad un 4-3-2-1 o ad un 4-3-1-2.
Sognare si può. Anche in questo caso lungi da noi dall’essere arroganti. Inzaghi è l’allenatore, ed è anche bravo e vincente. Ha coppe in bacheca e si è guadagnato l’Inter dopo anni straordinari alla Lazio. Noi siamo solo umili sognatori ed allora ci sia consentito di sognare un’Inter migliore di quella capace di raccogliere quattro sconfitte in otto partite di campionato.