Bologna Inter: la verità è un’altra
Partita maledetta quella del recupero di Bologna-Inter, che sicuramente passa la palla al Milan sulle sorti dello scudetto. Debacle imprevedibile ma che alla fine rientra nella logica dello sport e che fotografa bene ciò che è stata la stagione dei nerazzurri.
Partita a inizio stagione senza il pronostico della favorita, ha creduto in se stessa raggiungendo obiettivi societari prefissati. Gli ottavi di Champions League e la qualificazione matematica alla prossima fase a gironi, una super coppa italiana e una finale di coppa ancora da giocarsi ne sono infatti un esempio.
Gioco fluido, presenza di nuove leve, conferme e nuovi innesti hanno fatto gioire e disperare in una stagione che in ogni caso, potrà definirsi adeguata, ma non soddisfacente.
L’Inter gioca per vincere
L’Inter gioca per vincere è la frase più bella e sentita che un tifoso possa dire. È l’essenza del tifo per cui contano le vittorie, la possibilità di gioire e di poter avere una sana rivalsa sulle altre tifoserie.
Concetto romantico, fantastico e allo stesso tempo inconciliabile per i tempi di oggi. Ma nonostante le chiare difficoltà, il tifoso nerazzurro ha vissuto e vive ogni giorno le partite con entusiasmo. Assistendo per tre anni di seguito a gare per ottenere trofei veri, portandone due (scudetto e super coppa al momento) su tre stagioni dal primo anno di Conte.
Tifo e parametri non convivono
Per tanta passione però è necessario capire che il nostro calcio, dovuto a scelte anche dei vertici federali, vive di recessione. Non sarà la Juventus o il nuovo Milan a creare un calcio italiano migliore. Al massimo creerà ancora più distacco, in cui i loro errori peseranno meno di altri con possibilità economiche limitate.
Di conseguenza sarà possibile aspettarsi passi equilibrati con il tentativo di rendere appetibile un prodotto (perché l’Inter che piaccia o meno è questo per la proprietà, seguendo il modello di tutte le proprietà straniere) senza diminuire troppo il livello di competitività.
È lecito aspettarsi che a fronte di importanti obiettivi sarà possibile crederci sempre da tifoso. Sarà però limitato tutto a un progetto ampiamente decifrabile dalle mosse di mercato, dalle scelte tecniche ma anche da quelle infrastrutturali. In sostanza, non sarà difficile leggere il futuro tramite queste “linee guida” generali e più vicine all’oggettività che al giudizio personale.
È ovvio però che vincere uno scudetto con certezza, in questa serie A, sia comunque un investimento che al netto dei rientri economici non valga la pena fare. Basti pensare alla differenza di premio minima tra la vincitrice del campionato italiano, rispetto alla prima squadra di premier a salvarsi.
Scaroni stesso, a conferma del concetto sopra esposto, si sarebbe espresso così in passato con la frase: “Meglio dieci anni di qualificazione in Champions che uno scudetto fugace...”. Concetto confermato diversamente anche da Marotta con: “la sostenibilità è prioritaria rispetto all’aspetto sportivo. È questo il business Plan delle proprietà straniere…”.
Campionato finito ma non per Bologna Inter
Bologna Inter non è stata quindi la fine del campionato nerazzurro, ma solo la cristallizzazione dell’Inter di quest’anno, di quanto gli è stato richiesto, di quanto è stato in parte prospettato.
Dura da digerire e da accettare, ma “l’Inter gioca sempre per vincere” è appunto il concetto utopistico prima trattato. Squadra troppo convinta di se stessa che ha pagato a caro prezzo un grave errore, figlio di un atteggiamento non idoneo per una top vincente.
Valori della rosa in ogni caso di buon livello e a tratti con espressione di gioco di gran lunga superiore a quella di Conte. Però nel calcio e soprattutto nella cultura sportiva italiana, conterebbe poco il percorso rispetto al risultato finale.
Serve quindi ragionare in senso ampio, senza martirizzare un giocatore come Radu che ha sentito il peso della gara e che ha mostrato tutta la sua insicurezza e inesperienza. Serve capire come poter ambire a migliori palcoscenici, rimanendo nei parametri, dando sfogo alla passione del tifoso che alla fine è base su cui si costruisce l’equilibrio economico e finanziario del club.
Una prospettiva che a oggi, in virtù dei nuovi investitori sbarcati in Italia, potrebbe anche non essere realizzabile. Inutile fasciarsi la testa e ancor più dannoso risulterà allontanarsi dal club inteso come identità di valori e storia.
Il calcio infatti non è una scienza esatta e può essere più imprevedibile di quanto ci si possa aspettare.
Lo sport è anche questo
Perdere una gara, anche per demeriti, singifica un giorno poter fare i complimenti all’avversario e fare autocritica. Atteggiamento necessario per auspicare una crescita del materiale umano a disposizione ma anche per sottolineare lo stile Inter: leale, sportivo e coerente.
Cultura della vittoria. Questo è l’elemento di maggior rilievo che singifica per l’appunto anche accettare la sconfitta per ripartire, ricreare e concretizzare.
Accettazione della realtà: questa è invece la chiave di lettura del tifoso per non cadere in frustranti e cocenti delusioni, comprendendo che al netto della “propaganda” sia necessario analizzare con lucidità il tutto. In questo modo sconfitte, forse fatali, come quella con il Bologna, potranno essere meglio digerite.
Un vero compromesso tra passione, calcolo matematico dovuto alle necessità economico-finanziarie e instabilità e bellezza dello sport, che dia luce a delle conclusioni prossime alla realtà e non alla personale concezione.