Quando si pensa ad Hector Cuper, l’Hombre Vertical, viene facile pensare ad un vecchio amico. Sfortunato per palmares ma secondo a nessuno nonostante una bacheca con più medaglie d’argento che trofei.
L’Inter nel destino. Il 04 giugno 2001, giorno in cui Cuper sigla un biennale con l’Inter, Moratti non ha dubbi. In cuor suo il presidentissimo è certo di aver scelto l’uomo giusto per dimenticare Lippi, tornatosene a Torino senza alcun rimpianto per ricongiungersi alla Vecchia Signora, e ricomporre i cocci lasciati da Tardelli. Il tecnico argentino piace per la sicurezza che lascia trasparire. La dirigenza nerazzurra lo apprezza per le buone cose fatte in Spagna. Prima al Real Mallorca, poi al Valencia nonostante le due finali di Champions League perse contro Real Madrid e Bayern Monaco.
Corsa a tre. L’Hombre Vertical si piega ma non si spezza. Testa alta, sguardo dritto, l’Inter è la chance di una vita. Il 4-4-2 è poco spettacolare ma concreto ed efficace. San Siro lo ammira anche per la pacca sul petto con cui carica i suoi calciatori prima del calcio d’inizio. L’Inter vince spesso e, nonostante qualche passo falso ed alcune discutibili decisioni arbitrali (Chievo-Inter), non molla la vetta. Si arriva così all’ultima giornata in cui l’Inter, la Juventus di Lippi e la Roma di Capello si contendono il tricolore.
Ei fu, siccome immobile. Non basterebbe Manzoni per comprendere cosa sia avvenuto in quel maledetto 05 maggio del 2002. L’Inter è di scena all’Olimpico contro una Lazio appagata e rimaneggiata. Due volte in vantaggio con Vieri e Di Biagio, l’undici di Cuper subisce la rimonta targata Poborsky (due gol), Simeone e Simone Inzaghi. I nerazzurri fanno harakiri, la Juventus vince ad Udine ed è campione d’Italia. La mazzata è di quelle che affosserrebbe chiunque ma non Cuper. Il tecnico perde Ronaldo ma trova Crespo e la sua seconda stagione è altrettanto buona. Un nuovo secondo posto ed una semifinale di Champions League contro il Milan con eliminazione maturata per la regola del gol in trasferta. L’1-1 in casa è fatale ai nerazzurri dopo lo 0-0 dell’andata.
L’addio. Il terzo anno comincia con qualche ombra di troppo. Moratti lo conferma controvoglia e lo esonera nell’ottobre del 2003. Al suo posto viene chiamato Alberto Zaccheroni. Cuper saluta da gran signore, prende armi e bagagli e se ne torna in Argentina. Lo sguardo è sempre quello dei tempi migliori, la schiena è sempre dritta ed allenare resta la priorità. Nessun successo, ancora secondi posti come in Coppa d’Africa alla guida dell’Egitto.
La vita è adesso. Oggi l’Hombre vertical allena la Nazionale della Repubblica Democratica del Congo con cui ha recentemente perso la finale per l’accesso ai Mondiali del Qatar contro il Marocco. Non è stato fortunato ma in Africa è stimato e rispettato. Un Allan Quatermain che alla pioggia delle polemiche e dei veleni ha sempre preferito la parte più pura del calcio. Anche a costo di arrivare secondo.