Sei scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, tre Coppe UEFA, due Coppe Italia e una Supercoppa italiana. Questo è il palmarès di Giuseppe Prisco, meglio conosciuto come “Peppino”, che è stato – e sarà sempre – un simbolo dell’interismo. Solo due colori: il nero e l’azzurro. La vita di Prisco è legata in maniera indissolubile all’Inter: socio nel 1946, segretario nel 1949, consigliere il 21 ottobre 1950 e infine vicepresidente il 23 luglio 1963. Noi del Biscione Nerazzurro abbiamo intervistato suo figlio: l’avvocato Luigi Maria. Da cosa vuol dire tifare Inter fino a passare per i ricordi più nitidi sul padre e il derby d’Italia ormai imminente con la Juventus. Ecco quanto emerso.
Cos’è per lei l’interismo? Cosa significa tifare Inter?
“Significa oggi come oggi saper soffrire. Parlo dei tifosi, non dei giocatori che ultimamente non è che sappiano soffrire molto. Saper soffrire, checché possano dire altri anche dei valori”.
Un simbolo dell’interismo era suo padre: l’avvocato Giuseppe Prisco. Qual è il ricordo più nitido che ha di suo padre?
“Se ne devo scegliere uno è nel maggio del ’65, Inter-Liverpool 3-0. Faccio fatica a descrivere a chi è più giovane com’era San Siro. Lì a San Siro non c’erano tutti i posti numerati ovviamente, e in quello stadio c’erano due anelli con ottantamila persone stipate come sardine e facevano un casino che neanche gli ultras di oggi riescono a farlo. Mio padre era raggiante, io avevo dieci anni e mezzo e il giorno dopo non sarei andato a scuola. Una vittoria sensazionale, tra l’altro ho ricordo a colori a 8K (ride ndr.)”.
Da presidente a presidente, rimpiange in un certo senso le gestioni Fraizzoli e Moratti?
“E Pellegrini anche! Non dimentichiamo! Sì, in un certo senso sì. Purtroppo è un’epoca del mecenatismo che è finita. Forse l’unico che ci ha veramente “smenato” economicamente è Moratti di questi tre che abbiamo citato. Ha profuso un impegno economico pazzesco, sarebbe meglio se premiato con risultati più consoni”.
Qual è il calciatore che l’ha fatta innamorare di questi colori che sono il nero e l’azzurro?
“Ce ne sono tanti. Dovrei andare a scovarne uno di quand’ero bambino. Io ho qualche ricordo di Angelillo, ma impazzivo per la classe di Mario Corso. Era il giocatore con cui Pelè voleva giocare. Quando a Pelé chiedevano con quale giocatore italiano le piacerebbe giocare lui rispondeva sempre Corso. Rivera? De Sisti? Antognoni? Lui rispondeva Corso”.
Lei si ricorda la sua prima volta allo stadio?
“La mia prima volta allo stadio non era San Siro ma era Bologna: Bologna-Inter 2-2, nel novembre del ’58. Vista con gli occhi di adesso mi sembrava tutto un po’ più colorato”.
Dopo la sosta ci sarà la grande sfida tra Juventus e Inter, qual è il pronostico dell’avvocato Luigi Maria Prisco?
“Non sono molto bravo a fare pronostici, ma una cosa me l’immagino: la Juve gioca in casa e ha bisogno di punti e in più ha anche Vlahovic. E poi…ha gli arbitri (ride ndr.). E’ facile motivare i giocatori, sono già motivati da soli per giocare contro la Juve però ci sono anche dei fattori extracalcistici. Prevedo però che faremo un’ottima figura”.